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Pol Cesk

domenica 12 maggio 2019

Diventare volontario? Mah!

Buongiorno a tutti,
è da qualche anno che cercando nella mia città per scoprire che tipo di associazioni sensibilizzano la gente sulle tematiche relative alla salute mentale.
Sono andato in un paesetto vicino e ho partecipato ad alcuni incontri, saranno stati quattro, cinque, in un teatro che era pieno di gente. Gli argomenti trattati erano di sicuro interesse: ansia, panico, depressione con riferimenti sia per i familiari sia per i malati. Inoltre, in questi incontri, si trattavano situazioni pratiche molto coinvolgenti, per esempio come superare il lutto di una persona cara o come superare le difficoltà di un rapporto di coppia o la fine dello stesso, venivano trattate patologie molto serie, come i disturbi alimentari, la ludopatia, lo stalking.
Io ricordo di aver preso molti appunti e forse all'epoca, era il 2015, aver anche scritto alcuni post sull'argomento, visto che erano ancora freschi nella mia mente e quindi erano pieni di dettagli.
Ho deciso alla fine delle varie serate di compilare il modulo per diventare volontario e di lì a poco mi sono presentato all'associazione per capire come rendermi utile.

Fin da subito, ho potuto notare come sia difficile organizzare gli intenti dei singoli membri, a seconda di quale sia il loro ruolo all'interno. Per esempio, il presidente, persona molto combattiva e con parecchio astio verso le strutture sanitarie della zona, era sempre sul piede di guerra conoscendo la mancanza di fondi per la salute mentale stanziati dal sistema sanitario nazionale, mentre altri soci erano più accomodanti, a tratti rassegnati alla situazione, forse per il fatto che avendo familiari in disagio a casa, erano messi un po' in confusione dai vari specialisti che venivano a conoscere.
Il presidente inoltre, aveva la pessima abitudine di parlare male dei volontari non presenti, forse per il fatto che quelli che davano la disponibilità poi non erano effettivamente presenti nelle azioni. Io non avevo ancora fatto nulla, ma ricordo che condividevo questa sensazione con gli altri nuovi volontari e che per tutti era un sintomo cattivo funzionamento dell'associazione.
Dopo poco tempo e qualche giro di volantinaggio, visto che non venivo preso molto in considerazione, ho deciso di andarmene e nessuno se n'è accorto, tra l'altro... sigh!

Conclusa questa mia esperienza sociale, ho passato parecchio tempo solo a scrivere post basati, sostanzialmente, su quello che casualmente mi capitava, solamente uscendo con i miei familiari e amici, rendendomi conto che, avendo avuto problemi mentali, molte persone mi confidavano le loro ansie, i loro pensieri controproducenti, facendomi venire voglia di partecipare e, magari, fondare un'associazione tutta mia.
Parto dal presupposto che il lavoro, inteso come posto di lavoro, è fondamentale per cercare di ricominciare a credere in se stessi quando si ha avuto un problema di depressione o disagio, quindi sono andato alla ricerca di un'associazione che pensasse a quest'aspetto: 

"Far ricominciare a lavorare una persona con problemi mentali passati o ancora in corso"

Ho trovato quel tipo di associazione l'anno scorso, strutturata e molto presente a livello nazionale e con le idee chiare su che passi una persona deve fare per diventare volontario. Ho fatto tutto l'iter previsto, ho ricevuto l'importantissimo attestato di partecipazione e, adesso cerco di collaborare, per quanto ci sia da fare, anche se io vorrei fare molto di più, ma aspetto i loro tempi, d'altronde non sono io che decido.

La scimmia volontaria certificata

Le direttive su come muoversi arrivano dalla prima sede dell'associazione, molto più storica rispetto alla nostra, si fa molta fatica a mettere in piedi quei progetti di reinserimento lavorativo che avevano attirato la mia attenzione e per i quali mi sono messo in contatto con loro.
Ho trovato molto istruttivo il ruolo di comunicatore nei banchetti allestiti per far conoscere l'associazione, si deve cambiare il modo di comunicare a seconda della persona che si ha davanti, dalla sua età, dalla situazione sociale e persino dal modo in cui si veste. L'abbigliamento e il modo in cui abbina i colori possono comunicare molto di una persona, la cosiddetta comunicazione non verbale.
Io, per mia scelta, ho provato a fermare le persone che mi hanno incuriosito per il modo di vestire, di camminare e anche per la presenza o meno di accessori che, spesso comunicano creatività, stravaganza, curiosità.
Attualmente sono in attesa di risposte dal presidente dell'associazione per essere coinvolto più attivamente sia nella comunicazione con i cosiddetti "profani" e anche per mettere in piedi un corso rivolto a chi attualmente si trova in difficoltà menale o che ha appena superato un momento brutto, ma non ha ancora ben capito se riuscirà a riprendersi stabilmente oppure no.

Staremo a vedere...

Pol

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